I facilitatori delle cose dell’anima

gufone

E anche Don Alessandro se ne andò, per portare altrove quel suo piglio pratico che ha permesso all’oratorio del quartiere di diventare un punto di riferimento per ragazzi, famiglie, anziani, una specie di raccordo anulare, un esempio di virtuoso dialogo e aiuto concreto al territorio.

Un prete come tanti altri, che ho avuto il piacere di incontrare.

Un po’ me li cerco, altre volte mi sono capitati. Don Sergio mi è bastato ascoltarlo una volta sola, appena trasferita in zona Paolo Sarpi. Non è stato difficile trovare un immediato conforto tra le sue parole, scritte su foglietti volanti, raccontate a braccio, con vigore. Diventava un appuntamento a mia disposizione, gratis, in un momento “crocevia” della mia vita.

Ma ancora adesso, tutte le volte che mi va di farmi scuotere l’anima da qualche bel discorso, di vedere occhi accesi e di sentire una platea rapita, so dove posso andare. E si può scegliere.

Subisco il fascino di un luogo in cui riesco a raccogliermi, dove si vedono i raggi di sole tagliare a fette le navate di marmo, freddo. Subisco il fascino dei gesti di un rito antico e del silenzio ricomposto, quando la gente se ne va. Ho più volte sfruttato il fresco di una Chiesa per far addormentare le bimbe e per trovare ristoro nelle giornate infuocate d’estate a Milano. O per nascondermi dietro alle colonne, diventare una sagoma tra i banconi, in cerca di silenzio. Subisco il fascino dei canti e delle mani conserte in preghiera, delle cantilene, degli occhi socchiusi. Nella mia memoria conservo le preghiere della sera di mia nonna che mi posava le dita sulla fronte e facendo i segni, mi rassicurava che in questo modo, in questo mondo, nessuno mi avrebbe fatto del male. Subisco il fascino del mistero che avvolge chi per un po’ riesce a spostarsi in un altro luogo, senza muoversi di un centimetro.

Non lo so come venga praticata l’arte oratoria di questi facilitatori di cose dell’anima. Quando è superata la retorica della predica, quando il racconto si fonde con le esperienze quotidiane di un faticoso mestiere praticato sul campo e lo fa magari con ironia, ci si trova davanti a uno degli ultimi esempi di comunicazione efficace che ci resta. Vissuta, suona sempre vera. L’omelia parte da un testo, una metafora, si prosegue con un ragionamento, si forniscono degli aneddoti, delle prove, delle citazioni e si chiude con dei propositi, i “next steps”. Quelli che puoi dimenticarti in meno di un secondo, una volta varcato il portone.

È oratoria, capace di rinfrancarmi più di altri mille discorsi.

Gli occhi del Gufone che si ostinano a esplorare la vita nel buio pesto della notte, sono ancora qui che provo a tenerli aperti, attenti, vigili. Sono gli stessi occhi grandi e vivaci di Don Mirko, un prete che scrive libri, cita filosofi e tifa l’Inter. Prendevo appunti ad ogni omelia.

Quando Don Alessandro allargava le sue braccia dall’altare, ci stavamo dentro tutti, tonificati dal suo tono di voce sicuro, dallo stile schietto e dalla forza delle parole, chirurgiche. Quando iniziava a parlare, era come se smettessimo di respirare, tanto era il silenzio. Aspettavamo tutti quella frase che ci avrebbe toccato da vicino e non si usciva mai delusi. Erano coinvolti soprattutto i tanti ragazzi cresciuti con lui negli anni, correndo dietro a un pallone da calcio, la sua grande passione, con un libro in mano o recitando a teatro.

C’è della competizione in giro, per le cose dell’anima. Fare il prete oggi è una sfida titanica, spesso persa sul nascere, perché come la argomenti la fede?

Non si misura, non si prevede, non si ordina. Non esiste una formula matematica.

Ma si può trovare, spesso in solitudine, dopo averla cercata anche per anni. Ci vuole pazienza.

È speranza dei facilitatori delle cose dell’anima fornire un’alternativa e instillare un dubbio, demolire qualche certezza di troppo, invitare all’approfondimento, allo studio e a fermarsi. Praticare e aspettare. Poi qualcosa accade.

Sono preti, ma anche suore di strada, delle periferie, dei rioni difficili. Quei battitori liberi, che si smarcano dalle sirene del potere e si posizionano in modo netto, predica dopo predica.

Punti fermi a Scampia come a Milano, quando ora, più ferita che mai, qualche domanda in più magari se la sta facendo.

 

Mi sono riferita a Don Sergio Giannelli (Parrocchia di Santa Maria di Lourdes), Don Mirko Bellora (Parrocchia di Santa Maria del Suffragio),Don Alessandro Fusetti (Parrocchia di Santa Maria del Rosario).

Nell’immagine di copertina, il Gufone.