Mi laureo in Giurisprudenza, poi apro un ristorante – la storia di Claudia

foto di Monica Placanica Claudia_n

 

foto ossobuco_n

“Che cosa vuoi fare dopo l’Università, Claudia?”

“Voglio cucinare”.

Paradossale, ma è così.

Spesso mi viene posta questa domanda, è normale, è una curiosità, ma io non ho timore a rispondere che il mio desiderio è quello di stare dietro ai fornelli.

Sono passati quattro anni da quando ho scoperto la passione per la cucina, in un periodo in cui era difficile capire fin dove questa poteva arrivare: era solo passione o sarebbe potuto diventare qualcosa di più, un lavoro ad esempio?

Mentre mille domande frullavano nella testa alla ricerca di quale strada imboccare per il futuro, ho continuato a percorrere quella dello studio. La scelta sarebbe ricaduta su Giurisprudenza se non avessi superato il test per entrare a Medicina. L’esito negativo mi fece approdare alla facoltà di Legge in Cattolica.

Gli inizi non furono idilliaci, il diritto non l’ho amato da subito, non lo sentivo mio. Ma con pazienza ho continuato imperterrita su questa strada, quasi per inerzia e forse per una buona attitudine allo studio che mi porto dal liceo classico, non sono mai arrivata a pensare, anche solo per un momento, di abbandonare gli studi per dedicarmi interamente al mondo della cucina.

Tempo fa, quando lo studio me lo permetteva, sgattaiolavo nella cucina del ristorante di mio padre per vedere lo chef Anselmo sezionare un tonno intero, e come, con il cucchiaio, riuscisse a ricavare carne rossa tenera anche nelle parti più nascoste vicino alle ossa, “perchè nulla va sprecato”, come sempre mi diceva.

Lentamente con Lorenzo, il mio fidanzato, ho cominciato a scoprire nuovi sapori: il couscous, le tajine, il cavolo nero con le acciughe, nuovi pesci come le cicale, le gustosissime arselle o la delicata ombrina.

Oggi rimango estasiata da un semplice impasto che così soffice e morbido sembra quasi prendere vita fra le mie mani. O l’odore acido del lievito madre (farina, acqua e aria) che per un misterioso processo biochimico cresce quasi a vista d’occhio, formando centinaia di bollicine. Sono le piccole cose che mi hanno sempre incuriosito. Mi piace immergermi ad occhi chiusi nei profumi della macchia mediterranea con le sue centinaia di piante, le erbe selvatiche diventano protagoniste, perchè gli odori che regalano sono quelli più veri e genuini. Se potessi sognare ad occhi aperti e vedermi proiettata dietro ai fornelli seguirei le orme di una cucina di qualità che guarda al passato in chiave critica e non nostalgica, come afferma un mito della cucina italiana Massimo Bottura. Qualità che non vuol dire ricercatezza a tutti i costi, ma rispetto per la tradizione e per la natura affinchè i più semplici ingredienti possano continuare ad essere protagonisti.

La cucina è una vera arte e come tutte le arti bisogna conoscerla avvicinandosi con devozione e apprezzarne ogni dettaglio. Anche la cosa più banale può diventare fondamentale, come il semplice soffritto, base di molti piatti della tradizione italiana. Non c’è cosa che amo di più dell’odore della carota, sedano e cipolla, che si lasciano andare, sfrigolando in un po’ d’olio. Quell’odore dolciastro ma allo stesso tempo salato, caldo, pieno mi ha sempre affascinato fin da quando ero piccola.

Lo so bene che cucinare vuole dire tanto sacrificio, vuol dire stare in piedi quasi tutto il giorno, chiusa nella cucina davanti ai fornelli non solo al momento del servizio, ma anche e soprattutto prima. Vuol dire decidere la linea, saper fare bene gli ordini senza avanzare cibo ed essere coordinati nella preparazione dei piatti. E io sono solo all’inizio del percorso, devo ancora imparare tutto di questo mestiere.

Cucina e Diritto insieme potrebbero suonare bizzarri, ma sia l’una che l’altro hanno molte assonanze e sono due mondi che possono ben allearsi. Il diritto, infatti, con i suoi ragionamenti lineari e logici, mi può essere utile nella gestione di una cucina; può sembrare strano, ma penso che l’inquadratura che il diritto mi ha dato sarà un aiuto nell’organizzazione tanto della cucina quanto di un’impresa.

Conoscere il linguaggio della legge, con i suoi postulati, ragionare con le sue regole e i suoi principi sarà una solida base per il mio futuro. In effetti, pensandoci bene, le ricette, soprattutto se penso alla pasticceria, devono seguire necessariamente un percorso obbligato che non ammette errori, regole ferree: nulla è scritto per caso, ogni dettaglio non può essere trascurato perchè se salti un solo procedimento o un ingrediente salta il piatto, così come avviene leggendo un articolo di un codice dell’ordinamento: ogni singola parola ha il suo peso e il suo significato. Il legislatore sa bene che scrivere un articolo può essere molto complicato; spesso più una legge è breve e apparentemente semplice, più crescono i problemi interpretativi che vedranno impegnati subito dopo la giurisprudenza e la dottrina per cercare di recuperare il fine ultimo di quella norma.

Oggi io mi trovo a dare gli ultimi esami prima di laurearmi in Giurisprudenza, sapendo che dopo la laurea c’è il mondo del lavoro e dove la crisi non ti lascia molte vie d’uscita. So bene che oggi in Italia è difficile pensare ad un futuro, soprattutto imprenditoriale. Ma per questo non vuol dire perdersi d’animo e abbattersi già in partenza.

Il percorso di studi che ho intrapreso credo che potrà servirmi sempre,: qualunque cosa io decida di fare, in qualunque situazione io mi trovi, sarò in grado di muovermi nella quotidianità delle situazioni.

E se qualcuno mi chiedesse cosa farei se potessi tornare indietro, anche in questo caso non esiterei a rispondere: “tutto, rifarei tutto”, perchè ogni tassello della mia vita ha il suo perchè.

Sogno una Claudia con le mani nella farina e lo sguardo nutrito di quel senso di concretezza che solo il diritto mi ha saputo dare.

 

Claudia